Sono passati quattro anni dall’approvazione del Memorandum Italia-Libia per il “contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani” che, al nostro Paese, è costato 785 milioni di euro. Questi soldi hanno contribuito a finanziare la cosiddetta Guardia Costiera Libica che ha respinto più di 50.000 persone, 12.000 solo nel 2020. Tutte le principali organizzazioni internazionali, da troppo tempo inascoltate, continuano a denunciare quanto accade in mare e nei campi di detenzione libici: respingimenti, omissioni di soccorso, stupri, torture e abusi. La Libia non è né un Paese né un porto sicuro.
Rinnovo degli accordi
Il 15 luglio il Parlamento italiano rinnoverà gli accordi con la Libia, continuando a finanziare e sostenere l’attività di intercettazione in mare e lo sbarco nei porti libici di rifugiati e migranti e aumenterà i fondi per queste attività con 500 mila euro in più rispetto al 2020.
In passato l’Italia aveva deciso di mettere in campo un’importante operazione di ricerca e salvataggio, Mare Nostrum, che ha contribuito a salvare decine di migliaia di vite. I successivi interventi, oltre a cancellare le operazioni di soccorso, hanno reso sempre più difficoltosi i salvataggi, per l’assenza di un coordinamento delle operazioni di soccorso e i ripetuti fermi amministrativi imposti alle navi delle Ong. Questo ha causato più di 7mila morti accertate nel Mediterraneo dal 2017 ad oggi.
Nel corso del 2020, l’Italia ha bloccato inoltre sei navi umanitarie con fermi amministrativi basati su accuse pretestuose, lasciando il Mediterraneo privo di assetti di ricerca e soccorso e ignorando, allo stesso tempo, le segnalazioni di imbarcazioni in pericolo. Contribuendo così alle 780 morti e al respingimento di circa 12.000 persone, documentate durante il corso dell’anno dall’OIM.
Nei primi mesi del 2021, dopo la brusca frenata del 2020 dovuta alla pandemia e alle restrizioni, gli sbarchi sono aumentati, ma ancora di più sono aumentate le stragi nel Mediterraneo. Solo nella prima metà dell’anno, stando all’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono almeno 1.146 le persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa.
Associazioni e organizzazioni attive nell’nel salvataggio in mare, ma anche l’ONU e l’UNHCR, da anni ormai denunciano la grave situazione vissuta dalle persone migranti in Libia. Non si può continuare ad ignorare il fatto che l’Italia sta continuando a stanziare fondi pubblici col solo obiettivo di bloccare gli arrivi nel nostro Paese, ma senza garantire la tutela dei diritti umani ed essendo così a tutti gli effetti complice delle continue morti in mare.
Fermare la strage nel Mediterraneo
Numerosi sono gli appelli che si sono susseguiti negli ultimi anni da parte di diverse associazioni e organizzazioni, tutte impegnate sul fronte dell’accoglienza e del salvataggio.
L’ultimo è l’appello “Non sono d’accordo” promosso da Emergency, Sea Watch, Alarm Phone, Medici Senza Frontiere, ResQ e Mediterranea, per portare l’attenzione sul rinnovo del Memorandum e l’ulteriore finanziamento da parte dell’Italia alla Libia.
Anche il Centro Astalli ed altre 28 associazioni impegnate nell’accoglienza ai migranti, hanno scritto un appello diretto al presidente Draghi chiedendo di fermare la strage nel Mediterraneo e di bloccare i finanziamenti alla Libia e alla sua sedicente Guardia Costiera.
Il 14 luglio centinaia di organizzazioni, associazioni e gruppi della società civile si sono radunati davanti al parlamento per chiedere alla politica di non continuare a voltarsi di fronte alle quotidiane stragi di persone migranti in Libia e nel Mediterraneo e di bloccare i finanziamenti alla cosiddetta guardia costiera libica.
Per fermare le stragi nel Mediterraneo, non è possibile pensare che la soluzione sia finanziare missioni il cui fine è riportare i naufraghi in Libia, in centri di detenzione dove vengono rinchiusi, rischiano la vita e subiscono violenze ogni giorno.
Dal 2014 ad oggi Popoli Insieme si è impegnata nell’accoglienza di richiedenti protezione internazionale, soprattutto famiglie e uomini. Molte di queste persone, per arrivare in Italia, hanno attraversato prima la Libia e poi il mare. Di quell’inferno portano i segni sulla pelle e non solo. Come A. che una volta arrivato a Padova è rimasto stupito dal fatto che non esplodessero bombe, che le persone potessero camminare per strada tranquille e che, semplicemente, la sua vita non fosse costantemente in pericolo.
Abbiamo ascoltato le loro storie, le abbiamo fatte nostre. Per questo è per noi impossibile ignorare quanto sta accadendo sotto gli occhi di tutte e tutti.
L’Italia da troppo tempo è complice di tutto questo e noi, nel nostro piccolo, ci aggiungiamo all’appello lanciato dal Centro Astalli e da tutte le altre associazioni e organizzazioni che, come noi, credono che tutte le persone siano importanti, nel valore dell’accoglienza e nel fondamentale rispetto dei diritti umani.
Noi non siamo d’accordo.